Principi consolidati per la redazione dei modelli organizzativi ex d.lgs. 8 giugno 2001, n.231

Premessa

A dicembre 2018 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in collaborazione con ABI, Confindustria e Consiglio Nazionale Forense, ha pubblicato in consultazione il documento “Principi consolidati per la redazione dei modelli organizzativi e l’attività dell’organismo di vigilanza e prospettive di revisione del D.Lgs. 8 giugno 2001, n.231”.

Il presente articolo rappresenta un primo sommario del contenuto del documento senza alcuna pretesa di esaustività anche in considerazione del fatto che il documento è stato pubblicato in consultazione sino al 24 gennaio 2019 e potrebbe subire variazioni prima della sua stesura definitiva.

Elaborazione dei modelli organizzativi

Al fine di una corretta implementazione del modello di organizzazione, gestione e controllo è necessario prima di tutto eseguire alcune operazioni preliminari che sono sintetizzabili come segue:

  • individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati contemplati dalla norma;
  • prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire”, che rappresentino dunque delle contromisure rispetto alle criticità e ai profili di rischio individuati;
  • individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie, al fine di mitigare il rischio di commissione di alcuni illeciti, con particolare riferimento ai reati di corruzione;
  • affidare il compito di vigilare sul funzionamento, l’osservanza e l’aggiornamento del Modello ad un organismo nei confronti del quale è necessario prevedere specifici obblighi di informazione;
  • introdurre un sistema disciplinare in grado di sanzionare il mancati rispetto delle misure organizzative previste dal Modello.

La costruzione del modello: elementi metodologici

La costruzione di un Modello organizzativo che possa essere considerato idoneo rappresenta un procedimento complesso, che richiede diverse attività. Lo svolgimento di alcune di queste attività si fonda in maniera consistente su principi più generali di corporate governance e valutazione rischi (risk assessment), da adottare in una specifica “ottica 231”, così che tutte le operazioni siano finalizzate e impostate in base ai criteri del Decreto e alle relative esigenze di tutela dell’Ente.

L’orientamento alla logica del Decreto richiede che siano sottoposte a valutazione tutte le strutture aziendali in relazione agli elementi che possono dare luogo alla responsabilità prevista dal D.Lgs. 231/2001, con l’obiettivo di individuare le possibilità di commissione di un eventuale illecito.

Check up aziendale

Ai fini dell’implementazione del Modello, risulta imprescindibile effettuare, in via preliminare, un’attività di check up che dovrebbe riguardare i seguenti elementi

  • documentazione rappresentativa e descrittiva della struttura organizzativa, della corporate governance, dei dati dimensionali, del tipo di attività svolta e delle aree di business,
  • nel caso di Gruppi Societari, informazioni che precisino il ruolo della Società nell’ambito del Gruppo e i rapporti della medesima Società con le altre legal entity, sopratutto per i processi distribuiti o per le attività in outsourcing. In particolare va verificata la presenza di contratti che regolino i rapporti infra-gruppo e le responsabilità di ogni compagine societaria.
  • codici etici e di comportamento, norma di autodisciplina, “compliance programme” che costituiscono la codificazione dei valore e delle regole dell’Ente.

Risk assessment in ottica 231

Volendo fornire indicazioni di massima relative agli scopi e alle fasi di cui si compone il processo di risk assessment 231/2001, si deve procedere a identificare, attraverso analisi documentali e incontri con i responsabili delle strutture:

  • le aree a rischio di potenziale commissione dei reati;
  • le fattispecie di reato astrattamente applicabili e le modalità di commissione relative alla specifica attività;
  • i controlli esistenti;
  • le eventuali aree di miglioramento;
  • i suggerimenti per il superamento delle aree di miglioramento identificate.

In estrema sintesi, lo scopo di questa attività, è quello di accertare la presenza ed il funzionamento di opportuni presidi che possano garantire la conformità dell’attività svolta alla normativa vigente in materia di responsabilità amministrative degli enti. In particolare, è opportuno verificare, a titolo esemplificativo, la presenza di:

  • regole formali che definiscono i ruoli e le responsabilità relative ai processi analizzati oltre che opportune modalità di tracciabilità e ricostruzione dei processi decisionali;
  • principi di comportamento e azioni di controllo sulle attività svolte tali da prevenire comportamenti a rischio in ambito 231/2001;
  • policy aziendali di gestione e prevenzione dei conflitti di interessi;
  • procedure di controllo ad ogni livello operativo;
  • predisposizione di sistemi informativi per l’intercettazione di anomalie;
  • registrazione di ogni fatto di gestione con adeguato grado di dettaglio;
  • procedure formalizzate per la gestione delle risorse finanziarie;
  • deleghe specifiche formalizzate;
  • procedure formalizzate per la redazione dei contratti;
  • eventuali avvenimenti passati in cui si sono già verificati casi di reati o comunque eventi critici.

Il rischio può essere analizzato sulla base di due componenti fondamentali, che ne consentono una valutazione e orientano le attività di risk mitigation da porre in essere:

  • la probabilità che l’illecito possa effettivamente verificarsi;
  • le conseguenze e l’impatto dell’evento

dalla connessione delle quali emerge l’esposizione al rischio, rappresentata dall’interrelazione tra le probabilità che il rischio si concretizzi e il suo impatto potenziale sull’Ente.

Individuazione della soglia di rischio accettabile e gap analysis

La valutazione del sistema di controllo interno esistente deve essere esaminata in relazione al livello auspicabile e ritenuto ottimale di efficacia ed efficienza di protocolli e standard di controllo. La valutazione in questione (gap analysis) e le attività conseguenti si estrinsecano, dunque nell’adeguamento dei meccanismi di controllo esistenti alla prevenzione della fattispecie di rischio individuate.

Nella definizione o miglioramento delle procedure è opportuno far riferimento al concetto di risk appetite, che andrà stabilito in relazione alla probabilità di commissione del reato e ai potenziali oneri che ne conseguirebbero.

Per quanto riguarda l’intensità e la pervasività dei controlli, al fine di evitare di appesantire le attività operative dell’ente attraverso l’istituzione di procedure eccessivamente rigide che avrebbero l’effetto di rallentarne il regolare svolgimento, la soglia accettabile è rappresentata da un sistema di prevenzione tale da poter essere eluso solo fraudolentemente.

Principi generali per l’elaborazione del Modello

Specificità

Le attività di analisi e i meccanismi di gestione del rischio dovranno essere elaborati e integrati tra loro secondo un approccio peculiare per l’organizzazione, avendo riguardo al sistema di controllo interno esistente, nonché alle aree e ai processi “sensibili”.

Adeguatezza

In linea generale, un Modello appare adeguato quando dimostra la sua reale capacità di prevenire i comportamenti non voluti. La giurisprudenza ha individuato alcune prerogative che il Modello deve rispettare per essere “adeguato” e “idoneo” quali ad esempio, in via esemplificativa e on esaustiva:

  • espressa indicazione nel Modello delle fattispecie illecite rispetto alle quali l’esposizione della società risulta particolarmente sensibile e quelle per le quali si ritiene trascurabile;
  • opportuno bilanciamento tra presidi esplicitati nel Modello e rinvio all’impianto documentare esistente (soprattutto per quelle procedure ove siano dettagliati opportuni processi di controllo), al fine di garantire un idoneo livello di dettaglio nell’illustrazione delle cautele adottate dall’Ente al fine di prevenire il potenziale rischio di commissione dei reati presupposto;
  • protocolli/divieti presenti nel Modello e rischiamo a procedure e regolamenti;
  • coordinamento, con riferimento ai reati previsti nel Modello, tra i controlli di linea di primo livello (insiti nelle procedure operative), di secondo livello (compliance, risk management, antiriciclaggio, ove applicabile) e di terzo livello (Internal Audit o Revisione Interna) previsti dal Modello e le procedure cui lo stesso rinvia;
  • coordinamento e integrazione del Modello con gli altri sistemi di gestione e controllo aziendale, con conseguente adeguamento dei suoi contenuti alla specifica realtà operativa di riferimento ai fini delle concreta applicabilità delle prescrizioni in esso contenute.

Attuabilità e condivisione

E’ essenziale che i protocolli e le misure organizzative siano effettivamente e concretamente attuabili in riferimento alla struttura dell’Ente e ai suoi processi operativi. Per tali ragioni, risulta quindi necessario il pieno coinvolgimento dei responsabili delle strutture per la definizione dei presidi che dovranno concordare sulle modalità di attuazione. In quest’ottica diventa di assoluto rilievo la programmazione di percorsi informativi e formativi idonei a consentire il rispetto del principio di condivisione (infra) e di diffusione del Modello.

Efficienza

Il sistema realizzato deve rispondere anche ad un principio di efficienza, inteso come coerenza fra le caratteristiche dell’Ente e la complessità del Modello, con particolare riferimento alla sostenibilità in termini economico-finanziari e, soprattutto, organizzativi.

Dinamicità

Come tutti i sistemi di controllo interno e gli ordinari strumenti di risk management, anche il Modello e tutta la documentazione ad esso attinente, devono essere oggetto di una costante attività di verifica e aggiornamento, che si concretizza in un’analisi periodica e/o continuativa dell’efficacia e dell’efficienza del disegno dei controlli interni e dell’effettiva operatività degli stessi, al fine di accertare che operino secondo gli obiettivi prefissati e che siano adeguati a eventuali cambiamenti della realtà operativa.

Unità

Il Modello organizzativo deve essere sviluppato procedendo a una valutazione dei rischi e dei processi sensibili che abbracci l’intera organizzazione dell’Ente, nella consapevolezza che, pur nell’analisi particolare delle singole aree di rischio, è necessario che l’organizzazione nella sua interezza sia coinvolta, anche al fine della creazione di una cultura fondata su valori condivisi, che trovano, poi, formalizzazione nel codice etico (documento richiesto non solo sotto il profilo formale, ma anche di assoluta valenza sotto il profilo sostanziale).

La diffusione nell’Ente dei principi stabiliti nel Modello, anche e soprattutto attraverso l’esempio degli organi direttivi, garantisce l’attenzione al rispetto delle regole da parte di tutti coloro che lavorano per e con l’Ente stesso.

Coerenza

L’elaborazione del Modello deve mostrare una coerenza di fondo fra i risultati dell’attività di risk assessment, i protocolli di prevenzione stabiliti, i principi enunciati nel Codice Etico, le sanzioni previste dal Sistema Disciplinare e la documentazione predisposta. La coerenza interna implica:

  • in sede preventiva, che gli strumenti, le procedure e tutto quanto previsto a livello organizzativo finanziario ed economico siano in linea e conseguenti alla pianificazione ed alle strategie dell’Ente;
  • in sede di gestione, che le decisioni e gli atti non siano in contrasto con gli indirizzi e gli obiettivi indicati nel Modello e non pregiudichino il controllo e il contenimento dei rischi provenienti dalla “responsabilità amministrativa”;
  • in sede di verifica, che sia rilevato e motivato l’eventuale scostamento fra risultati ottenuti e quelli attesi.

Neutralità

Pur in assenza di inevitabili profili soggettivi e discrezionali di valutazione, la redazione del Modello dovrà essere basata su criteri di neutralità, al fine di non far venir meno l’imparzialità, la ragionevolezza e la verificabilità. A tal proposito, è necessario che i soggetti incaricati della definizione delle procedure di controllo abbiano un adeguato grado di indipendenza, soprattutto nel rilevare eventuali carenze organizzative e le aree di rischio su cui intervenire strutturando gli opportuni meccanismi preventivi.

Principi specifici per l’elaborazione del Modello: procedure e meccanismi di prevenzione

 

IFRS 16

Premessa

A partire dal 01 gennaio 2019 entrano in vigore le previsioni del IFRS 16 Leases.

Particolare rilievo assume a questo riguardo l’analisi dei contratti di locazione sottoscritti con i fornitori.

L’IFRS 16 [§5] prevede che non siano oggetto di questo standard:

  • le locazioni a breve termine
  • le locazioni che abbiano per oggetto beni di basso valore

Analisi del contratto di locazione [§9]

Alla stipula del contratto di locazione, la società deve verificare se questo sia o contenga un lease come definito dal presente standard, ovvero se esso preveda il diritto di controllare l’uso di un bene identificato per un determinato periodo di tempo (o per un determinato numero di cicli di utilizzo) contro il pagamento di un corrispettivo.

Registrazione contabile [§22]

Nel momento in cui il bene viene messo a disposizione del locatario, questo dovrà contabilizzare una attività relativa al diritto di uso ed una passività relativa al debito per la locazione.

Valutazione iniziale

La valutazione iniziale dell’attività relativa al diritto di uso dovrà essere fatta al costo che dovrà comprendere:

  • l’importo della misurazione iniziale del debito per la locazione
  • qualsiasi pagamento fatto al momento della messa

Locazioni di beni di basso valore [App. B3-B8]

Il locatario dovrà stabilire il valore del bene oggetto del contratto sulla base del bene nuovo e non dello stato in cui viene noleggiato e lo dovrà fare su base assoluta senza considerare la significatività relativa alle proprie dimensioni o alla natura dell’impresa.

Un bene oggetto di locazione può essere considerato di basso valore se:

  • il locatario può beneficiare del bene in modo autonomo oppure in combinazione con altre risorse che siano prontamente disponibili al locatario stesso; e
  • il bene non è fortemente dipendente o collegato ad altri beni.

Se il locatario sub loca un bene o si aspetta di poterlo sub locare, il bene non può essere considerato di basso valore.

Esempi di beni di basso valore sono tablet, personal computer, telefoni…

OIC 9 – Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali

Finalità e ambito di applicazione

Il principio contabile OIC 9 si aplica alle società che redigono il bilancio in base alle disposizioni del codice civile ed ha lo scopo di disciplinare il trattamento contabile delle perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, nonché le informazioni da presentare nella nota integrativa.

Albero decisionale

Due approcci in base ai limiti dimensionali con alcuni aspetti comuni

Se il valore recuperabile di una singola immobilizzazione è inferiore al suo valore contabile, l’immobilizzazione si rileva a tale minore valore. La differenza è imputata nel conto economico come perdita durevole di valore.

La differenza tra i due approcci consiste nella modalità di determinazione del valore recuperabile.

In entrambe i casi però il fair value viene considerato come parametro comune per la determinazione del valore recuperabile

Determinazione del Fair value

Il fair value viene definito dal principio come il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione.

Rilevazione della perdita durevole di valore per una UGC e per l’avviamento

La perdita durevole di valore rilevata su un’unità generatrice di flussi di cassa (UGC) deve essere imputata a riduzione del valore contabile delle attività che fanno parte dell’unità del seguenti ordine:

  • in primo luogo, al valore dell’avviamento allocato sulla UGC;
  • infine, alle altre attività proporzionalmente, sulla base del valore contabile di ciascuna attività che fa parte dell’UGC.

Ripristino del costo

L’eventuale svalutazione per perdite durevoli di valore è ripristinata qualora siano venuti meno i motivi che l’avevano giustificata. Il ripristino di valore si effettua nei limiti del valore che l’attività avrebbe avuto ove la rettifica di valore non avesse mai avuto luogo.

APPROCCIO SEMPLIFICATO

L’approccio semplificato prevede che il calcolo del valore recuperabile sia effettuato sulla capacità di ammortamento e sulle seguenti assunzioni fondamentali:

  • l’unità generatrice di cassa coincide con l’intera società
  • i flussi di reddito, se la dinamica del circolante si mantiene stabile, approssimano i flussi di cassa.

Qualora l’unità generatrice di cassa non coincidesse con l’intera società, il principio raccomanda di effettuare la verifica della ricuperabilità dei cespiti per singoli rami d’azienda.

Indicatori di potenziali perdite di valore

Ai fini dell’applicazione dell’approccio semplificato, gli indicatori di perdite durevoli di valore da considerare sono i seguenti:

  • ↓ il valore di mercato
  • variazioni significative con effetto negativo nell’ambiente
    • tecnologico,
    • di mercato,
    • economico, o
    • normativo;
  • valore contabile 〉fair value
  • ↑ obsolescenza o deterioramento fisico
  • variazioni significative nella misura o nel modo in cui un’attività viene utilizzata:
    • l’attività diventa inutilizzata
    • piani di dismissione o ristrutturazione
    • ridefinizione della vita utile
    • ↓ andamento economico di un’attività

Valore recuperabile

Il valore recuperabile viene determinato

  • sulla base della capacità di ammortamento generalmente su un orizzonte temporale che non supera i 5 anni dei futuri esercizi,

o se maggiore,

  • sulla base del fair valve.

La verifica della sostenibilità degli investimenti è, pertanto, basata sulla stima dei flussi reddituali futuri riferibili alla struttura produttiva nel suo complesso e non sui flussi derivanti dalla singola immobilizzazione.

Qualora la società presenti una struttura produttiva segmentata in rami d’azienda che producono flussi di ricavi autonomi è preferibile applicare il modello di svalutazione ai singoli rami d’azienda individuati.

Nel computare gli ammortamenti da contrapporre alla capacità di ammortamento ci si basa sulla struttura produttiva esistente:

  • non si computano futuri investimenti capaci di incrementare il potenziale della struttura produttiva;
  • si computano futuri investimenti che concorrono a mantenere invariata la potenzialità produttiva esistente.

Qualora circostanze oggettive consentano l’imputazione diretta, la società attribuisce la perdita alle singole immobilizzazioni.

MODELLO BASE

L’approccio base prevede che il calcolo del valore recuperabile sia effettuato sulla base del valore d’uso della singola immobilizzazione.

Se non è possibile stimare il valore recuperabile della singola immobilizzazione, la società determina il valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi di cassa alla quale l’immobilizzazione appartiene. Ciò si verifica quando le singole immobilizzazioni non generano flussi di cassa in via autonoma rispetto alle altre immobilizzazioni.

Indicatori di potenziali perdite di valore

Nel valutare se esiste un’indicazione che un’attività possa aver subito una perdita durevole di valore, la società considera, come minimo, i seguenti indicatori:

  • ↓ il valore di mercato
  • variazioni significative con effetto negativo nell’ambiente
    • tecnologico,
    • di mercato,
    • economico, o
    • normativo;
  • ↑ tassi di mercato che influenzino il tasso di attualizzazione
  • valore contabile 〉fair value
  • ↑ obsolescenza o deterioramento fisico
  • variazioni significative nella misura o nel modo in cui un’attività viene utilizzata:
    • l’attività diventa inutilizzata
    • piani di dismissione o ristrutturazione
    • ridefinizione della vita utile
    • ↓ andamento economico di un’attività

Determinazione del valore d’uso

Il valore d’uso è determinato sulla base del valore attuale dei flussi finanziari futuri che si prevede abbiano origine da un’attività lungo la sua vita utile.

Flussi finanziari futuri

Comprendono:

  • le proiezioni dei flussi finanziari in entrata derivanti dall’uso continuativo dell’attività;
  • le proiezioni dei flussi finanziari in uscita che si verificano necessariamente per generare flussi finanziari in entrata dall’uso continuativo dell’attività (inclusi i flussi finanziari in uscita per rendere l’attività utilizzabile) e che possono essere direttamente attribuiti o allocati all’attività in base a un criterio ragionevole e coerente;
  • i flussi finanziari netti, se esistono, che si prevede di ricevere (o erogare) per la dismissione dell’attività alla fine della sua vita utile, in una transazione regolare tra operatori di mercato alla data di valutazione.

Non comprendono:

  • i flussi finanziari in entrata o in uscita derivanti da attività di finanziamento;
  • pagamenti o rimborsi fiscali;
  • investimenti futuri per i quali la società non si sia già obbligata.

Tasso di sconto

Il tasso di sconto usato ai fini del calcolo del valore attuale è il tasso al lordo delle imposte che riflettano le valutazioni correnti del mercato:

  • del valore temporale del denaro; e
  • dei rischi specifici dell’attività per i quali le stime dei flussi finanziari futuri non sono state rettificate.

Il tasso di sconto riflette il rendimento che gli investitori richiederebbero se si trovassero nella situazione di dover scegliere un investimento che generasse flussi finanziari di importi, tempistica e rischio equivalenti a quelli che la società si aspetta che derivino dall’immobilizzazione in oggetto. Questo tasso è stimato attraverso il tasso implicito utilizzato per attività similari o nelle contrattazione correntemente presenti nel mercato o attraverso il costo medio ponderato del capitale della società.

Nota integrativa

Bilancio in forma ordinaria

L’articolo 2427, comma 1, del codice civile impone di indicare nella nota integrativa:

  • “i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nella Stato”
  • “i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce:

  • “la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni materiali e immateriali, facendo a tal fine esplicito riferimento al loro concorso alla futura produzione di risultati economici, alla loro prevedibile durata utile e, per quanto rilevante, al loro valore di mercato, segnalando altresì le differenze rispetto a quelle operate negli esercizi precedenti ed evidenziando la loro influenza sui risultati economici dell’esercizio”

Nella nota integrativa si forniscono, inoltre, informazioni sulle modalità di determinazione del valore recuperabile, con particolare riguardo:

  • alla durata dell’orizzonte temporale preso a riferimento per la stima analitici dei flussi finanziari futuri;
  • al tasso di crescita utilizzato per stimare i flussi finanziari ulteriori;
  • al tasso di attualizzazione applicato.
  • se del caso, si forniscono informazioni sulle tecniche utilizzate per la determinazione del fair value

L’articolo 2423, comma 4, del codice civile prevede che: “Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione.”

Le società che adottano il metodo semplificato ne danno menzione nella nota integrativa e indicano la durata dell’orizzonte temporale preso a riferimento per la stima analitica dei flussi reddituali futuri. Si forniscono, inoltre, informazioni circa le decisioni assunte in merito alla eventuale necessità di procedere alla verifica della recuperabilità dei cespiti per singoli rami d’azienda.

Bilancio in forma abbreviata

L’articolo 2427, comma 1, del codice civile impone di indicare nella nota integrativa:

  • “i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nello Stato”
  • i movimenti delle immobilizzazioni specificando per ciascuna voce:


L’articolo 2423, comma 4, del codice civile prevede che: “Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione.”